Lo angosciavano le coincidenze
la neurobiologia
(psicofarmaci, nebbia mentale)
squallore sfrenato, buffonate.
polarizzata babbuccia.
escrescenze spiacevolissime, l’umore.
nel baratro emotivo,
sguardo assente,
ebbro.
non volle la dolcezza,
parametri seminali.
indicibili amatissime chiarezze.
Tag: testo
Inafferrabile enfia
Testo critico di Pino Sapiens:
“In questo capolavoro rivoluzionario lo sfilacciarsi tellurico del gesto si dipana in una miriade di tentazioni rivelatrici. L’artista ci svela l’orgiastica violenza del corpus sociale che come un’esplosione atomica accarezza e seduce lo spettatore quasi in un gioco infinito di specchi. Ogni colore ed ogni gesto di questo caposaldo si rivolge alla nostra interiorità dimostrandoci che «la fiamma ardente dell’intuizione spennella finestre di libertà in ognuno di noi»”
Descrizione e valore di quest’opera d’arte Patrimonio dell’Unesco:
Tecnica mista su cartoncino 29 x 21 cm – 430000 Dollari
Brusio cianotico Archaeopteryx
Un’incrinatura della superficie vomita variopinte ferrovie mentre dal sottosuolo s’inabissano sottoinsiemi
Ma questo dubbio mi sta facendo deridere la teoria
E’ buffo come l’intumescente groppa del corallo si abbarbichi alla psiche
(Te l’avevo detto?)
Non ho mai pronunciato il raziocinio mondano,
io che rigurgito spezie nelle vicinanze.
Prospettive Sperdute
Il crepuscolo si nutre della macchia che si espande sconfinando ogni volta di più. Ha oltrepassato ogni limite, oggi ha strabordato di nuovo estroflettendosi nelle nostre menti attonite.
Il vaso rovescia ancora le sue fiamme infernali su noi terre arate dai venti impetuosi della steppa.
Ruota, bicicletta e destino
(Basta cambiare una lettera e cambia tutto).
Forse avrei dovuto citare anche i ciottoli, essenziali nella composizione di questa antichissima foto d’epoca moderna.
Ma non l’ho fatto e non ho neanche voluto menzionare le foglie di platano secche riverse tragicamente sulla strada.
Non era destino.
Per chi ancora non l’avesse capito
Sono evaso, evado e continuerò ad evadere da me.
Questo video musicale lo testimonia ampiamente.
L’io incatenato con un gesto prometeico si libera e squarcia il cielo con un grido di libertà.
Ciglia senza volto
fra le
frammentazioni di un mondo che colava acido
stancamente come un mulo di seta ardita e lattiginosa
mi divincolavo nella morsa dei lenzuoli sfilacciati in menopausa fra le macchie di sangue dell’ennesimo litigio.
l’epistassi copiosa del drago mi abbacinò per lunghi istanti
e dai pertugi delle narici potevo osservare
l’andirivieni delle figure magnetiche attaccate al frigorifero
mentre annose domande friggevano a fuoco lento la mia mente.
dove stavo andando?
le mie setole iniziarono a pungere con effimera efferatezza la galassia nera delle tue ciglia senza volto avvolte da un panno madido di sudore:
dov’eri?
inesorabilmente
il soffio vitale delle tue membra
si dilatò su di me.
Tronchi spezzati con poesia
Dopo perenni peregrinazioni mi ritrovai avvolto in un manto stellare
incrinato dalle cancrene.
Sotto alle unghie un pullulare di segmenti senza fine.
Scoccarono le campane. Tremò la terra.
Nessuno si accorse di nulla.
Nessuno percepì la fiamma.
L’incendio divampò ovunque.
Rapidamente.
Il treno deragliò. Tremebondo.
In fondo al fosso, esangue e con le viscere strabuzzate:
—
Siamo legna da ardere.
Siamo catene.
—
Mi aggrappai al ramo. Vacillante.
Scorze di limone, profumo di primavera mentre il mondo muore.
E alle mie spalle la luce.
FOSSILE FUTURO (diario di un ritrovamento)
Non avevo in mente nient’altro che briciole.
I miei cervelli erano pieni di banchetti.
(In un angolo polveroso sentii la sua voce stridere).
Spazzai via ogni cosa.
Persino la mia pelle finì col staccarsi dalle mie bocche.
Mi cucii addosso nuove verità.
Ero un fossile futuro, levigato come un’arma inerme.
Un soffio sollevò la polvere e respirai i miei stessi vapori.
Mi legai alle gambe della sirena.
Potevo spezzarmi le ossa, ora io potevo essere liquido come la lava
e polverizzare l’universo.
Decisi di schiacciarlo con tutta la mia forza.
La mia testa era ormai lo scheletro di un pappagallo.
Ripetevo a stento le mie parole.
Evaporai.
Tempesta interiore fuori dalla finestra
Dentro di me fuori dalla finestra
venti impetuosi imperversano quieti
dall’alba al tramonto nel buio umido della luce artificiale
brillano invisibili occhi di ciclone.